Impianto Fotovoltaico su Terreno Industriale

incentivi per impianti fotovoltaici su terreni industriali

 

L’impianto fotovoltaico su terreno industriale consente alle aziende di efficientare l’impiego del suolo ed incrementare la produttività.
Oltre alla possibilità di risparmio e guadagno, si ha inoltre un vantaggio in termini di immagine aziendale e di minimo impatto sull’ambiente.
Ecco perché è fondamentale capire in cosa consiste, quali sono le normative e le autorizzazione necessarie, quanto terreno serve per l’impianto, quanto si può guadagnare e quali sono i costi.

fotovoltaico

In cosa consiste

Contenuti Articolo


È bene innanzitutto capire in cosa consiste.

Un impianto fotovoltaico, ovvero quello destinato a convertire l’energia solare in energia elettrica, viene installato su un terreno industriale.
Quest’ultimo si riferisce alla porzione di suolo di proprietà di un’azienda che ha una destinazione d’uso produttiva.

Il tipico esempio è il terreno agricolo.
La morfologia più adatta all’installazione dell’impianto è quella del terreno ad uso:

  • Seminativo 
  • Pascolo

Mentre quelli meno adatti si caratterizzano per:

  • Utilizzo come frutteto, vigneto, uliveto o mandorleto
  • Configurazione rocciosa o montuosa

Inoltre, fondamentale ai fini dell’installazione di un impianto fotovoltaico su terreno industriale è la vincolistica nazionale e regionale.

Infatti, sono escluse dalla possibilità di ospitare pannelli solari zone naturali protette o di particolare pregio, come:

  • Siti inseriti nell’UNESCO
  • Zone di interesse nazionale
  • Parchi naturali
  • Zone DOP / IGP
  • Aree con vincoli archeologici

Quindi, fermo restando questi requisiti del terreno, è possibile montare un impianto di tal tipo.
Esso è costituito da un insieme di pannelli solari (i generatori) contenenti celle fotovoltaiche che convertono la radiazione solare in elettricità.
L’inverter si occupa di trasformare la corrente continua in corrente alternata, pronta ad essere consumata.

Questo tipo di soluzione consente all’azienda di incrementare la sua produttività.
Infatti, lo stesso suolo viene impiegato sia per produrre elettricità che per ulteriori impieghi produttivi.

 


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Normative e autorizzazioni


Dopo le dovute premesse, è utile conoscere le normative e le autorizzazioni necessarie per poter procedere all’installazione.

Che si tratti di un terreno industriale, edificabile, agricolo o in generale destinato ad uso produttivo, vi sono leggi specifiche che regolano gli iter procedurali:

  • AU: Autorizzazione Unica.
    Viene introdotta dall’articolo 12 del D.Lgs. 387/2003.
    Il rilascio dell’Autorizzazione Unica è di competenza delle Regioni o delle Province.
    Essa costituisce titolo a costruire e a esercire l’impianto.
  • PAS: Procedura Abilitativa Semplificata.
    Essa è introdotta dal D.Lgs. 28/2011.
    Risulta necessaria per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, volto a produrre energia elettrica al di sotto di prefissate soglie di potenza (oltre le quali si ricorre alla AU).
    La PAS va presentata al Comune non oltre 30 giorni dall’inizio dei lavori.
    Essa dev’essere corredata di: relazione del progettista ed elaborati progettuali che attestano la conformità alle norme e ai regolamenti edilizi vigenti.
  • Comunicazione al Comune.
    Si tratta di un adempimento volto a semplificare le procedure per la realizzazione di impianti di piccola taglia.
    Anche stavolta è necessaria la relazione del progettista, ma non è necessario attendere 30 giorni per intraprendere le attività.
  • DILA: Dichiarazione di Inizio Lavori Asseverata.
    L’art. 6 bis del D.Lgs. 28/2011 la rende necessaria per apportare modifiche all’impianto esistente o a progetti già approvati.
    È inoltre indispensabile per la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati sulle coperture di fabbricati rurali e di edifici a uso produttivo.
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Quanto terreno serve per l’impianto


A questo punto è utile chiarire quanto terreno serve per l’impianto fotovoltaico.

Ciò è strettamente dipendente dalle caratteristiche del suolo interessato.
Più precisamente:

  • Terreno industriale: deve avere una superficie di almeno 1 ettaro (10.000 mq).
  • Terreno agricolo: deve estendersi per almeno 8 ettari (80.000 mq).
  • Terreno agricolo vicino ad un tratto autostradale: almeno 1 ettaro (10.000 mq).
  • Terreno agricolo vicino a zone industriali: almeno 1 ettaro (10.000 mq).
  • Ex cava o ex discarica (con certificato di ripristino): serve un terreno di almeno 1 Ettaro (10.000 mq).

Altre caratteristiche fondamentali che il suolo deve possedere sono:

  • Esposizione a sud.
    Eventuali contro-pendenze verso nord sono tollerabili da 5% fino a un massimo del 10%.
  • Distanza dalla cabina di allaccio alla rete elettrica nazionale.
    La distanza da un punto di connessione è fondamentale.
    Per impianti connessi in bassa/media tensione su cabine secondarie, queste ultime devono trovarsi a poche centinaia di metri.
    Per impianti connessi in alta tensione, le cabine primarie possono essere a qualche chilometro di distanza.
  • Assenza di vincoli urbanistici, paesaggistici o ambientali.
    Come specificato precedentemente, la loro presenza nella zona interessata implica l’impossibilità di ospitare sul terreno un impianto fotovoltaico.

 

Quanto si può guadagnare?


Avendo chiarito i vari aspetti, è interessante anche capire quanto si può guadagnare con questa soluzione.

Un’opzione remunerativa consiste nell’affitto del terreno per il fotovoltaico.
Infatti, l’impianto installato a terra consente entrate certamente maggiori di uno posto su capannoni o edifici.

Il guadagno dipende dall’investitore e dalle caratteristiche del terreno.
Ad ogni modo, tramite l’affitto si ricava un utile medio che va dai 2.000 euro ai 4.000 euro annui per ettaro.

Un dato incoraggiante è che se il proprietario possiede il terreno da più di cinque anni, non sono previste tasse.
Se invece l’acquisto è recente, è prevista un’imposta di registro con aliquota dello 0,5%, per fondi rustici e terreni agricoli, del 2% in altri casi.

La vicinanza alla cabina di trasformazione è una caratteristica importante per attrarre investitori.
Ciò in quanto una stazione elettrica di alta o media tensione è essenziale per trasferire l’energia prodotta senza compiere ulteriori opere che comportano una spesa maggiore.

L’affitto non è comunque l’unica fonte di guadagno.
Basti pensare che un impianto che produce tra i 1.200 kW e i 1.400 kWh l’anno consente un ricavo medio di circa 60 euro per kW.
Il risparmio annuo si aggira sui 300 euro già solo con un fotovoltaico da 3kW.

Si consideri anche la possibilità di vendere l’energia elettrica prodotta.
Ciò può avvenire in due modalità differenti: indiretta tramite convenzione con il GSE o diretta sul mercato libero tramite Borsa Elettrica (o direttamente a un grossista).

Vi è poi da considerare che, grazie ai molteplici incentivi previsti, il ritorno sull’investimento ha tempistiche piuttosto rapide.

 


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Costi


A questo punto si può concludere affrontando la tematica dei costi.

Essi sono strettamente correlati alla potenza dell’impianto.
A scopo orientativo si può considerare che un fotovoltaico:

  • Fino a 50kW può costare tra i 2.000 e i 6.000 euro
  • Fino a 100kW si aggira tra i 6.000 e i 10.000 euro
  • Fino a 500kW ha un range compreso tra i 7.000 e gli 11.000 euro
  • Dai 500 ai 1.000kW costa dagli 8.000 ai 13.000 euro
  • Oltre 1.000 kW i prezzi sono compresi tra 9.000 e 16.000 euro
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